Prosegue il nostro viaggio cultural-culinario da Nord a Sud dell’Italia. A Pasqua ci siamo fermati in Campania e, dopo aver assaggiato una magnifica pastiera, il nostro viaggio è proseguito verso Nord. Ad Attenderci a Leivi, nel cuore della Liguria, c’è Valentina Venuti ed il suo blog che profuma di pane sfornato…Non di solo pane!
Ciao Valentina! Siamo davvero felici di averti con noi oggi!Ti va di raccontarci come nasce il tuo amore per i lievitati? E cos’è Non di solo Pane?
Il mio amore per la cucina credo che sia nato con me, alcune passioni affondano le loro radici profondamente, nella storia di famiglia, ed ho l’impressione che vengano in realtà ereditate insieme ai geni: è l’unica spiegazione, visto che ci sono tante eccellenze in campo culinario tra nonna, zie e prozie, mentre non posso dire lo stesso di mia madre.
Il particolare la passione per il pane nasce nella cucina della zia Luisa, sorella di mia nonna, che abitava a Sestri Levante dove trascorrevo un paio di settimane in estate; avrò avuto una decina d’anni, mia madre donna in carriera comprava minestrone liofilizzato in buste, ed a me si è aperto un mondo guardandola impastare il pane che non mancava mai sulla sua tavola, insieme alla pasta fresca ed alla ciambella per la colazione fatte con le uova delle sue galline.
Nondisolopane è il blog nato dalla mia collaborazione con Molino Grassi, un blog che tratta solo ricette fatte con la farina, quindi pane ma non solo: lievitati dolci, torte salate, biscotti.
Il nome che ho scelto gioca sul duplice significato delle parole, cioè che l’uomo non vive solo di cibo.
Scriveva Antoine de Saint-Exupéry nella sua ultima lettera:
“Non si può vivere di frigoriferi, di politica, di bilanci e di parole incrociate, mi creda. Non più. Non si può vivere senza poesia, senza colore né amore.”
Quindi non solo ricette, ma stralci di vita, la mia, passioni, sentimenti ed emozioni.
Descrivici in una frase la tua terra e il tuo legame con essa. Quanto influenza la tua cucina, il tuo modo di vivere e di essere.
La Liguria è sempre stata arida e avara per i suoi figli, che a fatica hanno dovuto strappare dalla terra e dal mare qualcosa da mettere sotto i denti per sè e per tutta la famiglia, per cui i nostri piatti portano la testimonianza di questa durezza.
Io credo che sia più una questione di necessità piuttosto che di spilorceria, quella che le malelingue attribuiscono ai genovesi, necessità da cui scaturisce la fantasia.
I sapori sono netti, franchi, diretti, gli ingredienti povere cose…ed ecco apparire la genialità dettata dal bisogno, una cucina intelligente, attenta, capace di sfruttare ogni alimento che la terra, il mare ed il lavoro dell’uomo producono, profumata di erbe cresciute sui terrazzamenti con i quali l’uomo ha domato la natura per poterla coltivare.
Della mia gente io ho ereditato sicuramente la schiettezza, la capacità di ingegnarsi ed il fatto che non ci penso due volte a rimboccarmi le maniche, anzi non fatemi stare senza fare niente!
Parlando invece della nostra terra…che rapporto hai con l’Abruzzo? Lo hai mai visitato? Se si, ti va di raccontarci quale luogo, piatto, sapore ti è rimasto nel cuore? Altrimenti, se ti diciamo “Abruzzo”, qual è la prima cosa che ti viene in mente?
Vi farà ridere, ma la prima parola che mi viene in mente è “orso”, nessun ricordo legato alla cucina, ero piccola ed i miei genitori mi avevano portato a visitare il parco nazionale.
Ci rimasi malissimo perchè non incrociai nessun orso!
Questo mese su Taste Abruzzo stiamo raccontando la nostra terra attraverso le primizie di stagione e le erbette selvatiche (asparagi, cicoria, borragine…)
Se ti chiedessimo un piatto, del tuo “bagaglio culinario” legato o ispirato ad uno o più di questi prodotti, cosa ci proporresti?
Bè, non mi poteva capitare un tema più adatto, perchè proprio un misto di erbe selvatiche chiamato Preboggion è tra gli ingredienti di molti piatti della cucina ligure: il ripieno di magro dei pansoti, il ripieno della torta cappuccina, la zuppa di verdure o semplicemente bollito con le patate o le focaccette di mais.
Preboggion è un termine del dialetto ligure non traducibile nella lingua italiana che deriva probabilmente da preboggi che significa scottare ed indica una mistura di erbe selvatiche.
Un’altra curiosa origine di questo nome si attribuisce ad un aneddoto che racconta come alcuni crociati di Goffredo di Buglione durante una sosta nella marcia avessero raccolto delle erbe per preparare un pasto per il loro signore – pre Boggion – che poi diede il nome a questo mazzetto.
La composizione del preboggion è legata alla ricerca dell’ equilibrio complessivo dei sapori, tenedendo presente che ciascuna ha un aroma specifico: amaro il radicion, selvatico le gee, sapido-neutro la boraxe, saporito-dolce la talegua.
Il momento della raccolta è molto importante perchè tutte queste erbe non sono più commestibili quando raggiungono lo stato adulto perchè diventano molto dure, vanno quindi consumate quando la pianta è giovane, quando ha appena formato la rosetta basale, cioè quando non hanno ancora costituito lo stelo florale.
Oggi vi voglio lasciare una ricetta che rappresenta al meglio l’essenza della cucina ligure, la semplicità, perchè fatta con ingredienti poveri , erbe selvatiche e prescinseua, raramente con l’aggiunta di uova (mancano perfino nella sfoglia) e parmigiano con la quale potete anche fare i pansoti.
La prescinseua è una cagliata fresca dal gusto leggermente acidulo, che ricorda per lo yogurt, la cui produzione è documentata fino dal Medioevo, ingrediente indispensabile nella preparazione di diverse ricette, soprattutto nel ripieno delle torte salate.
“…un piatto curioso costituito da ravioli rigorosamente magri riempiti con un miscuglio di cinque erbe che non hanno cittadinanza negli orti comuni. Queste cinque erbe vengono raccolte esclusivamente sul Monte di Portofino, manipolate, amalgamate con estrema attenzione fino a che la manciata d’erbe non si muta in un succoso preboggion…”
CAPPELLACCI AL PROFUMO DI MAGGIORANA
Ingredienti
Per la pasta
- farina gr 450
- 1 cucchiaio di olio extravergine d'oliva
- vino bianco 2 cucchiai
- uovo 1 io uno lo metto
- sale un pizzico
Per il ripieno
- preboggion borragine ed erbette gr 600
- ricotta o prescinseua gr 180
- uova 2
- parmigiano grattugiato gr 50
- maggiorana fresca
- noce moscata
- sale e pepe
Istruzioni
- Preparate la pasta lavorando la farina con gli altri ingredienti e tanta acqua quanto basta a formare un impasto elastico e consistente. Formate una palla e lasciarla riposare coperta.
- Pulite bene le erbe e fatele bollire in acqua salata, scolatele, strizzatele bene e tritatele.
- In una ciotola riunite le erbe con gli altri ingredienti del ripieno ed aggiustate di sale e pepe.
- Tirate la sfoglia e ricavatene dei dischi di circa 6 cm di diametro, ripartite il ripieno su metà dei dischi e ricoprire con i restanti avendo cura di premere bene ai bordi con le dita.
- Se volete fare i pansoti, chiudete i lembi nella classica forma a tortello.
- Cuocete i cappellacci in abbondante acqua salata (basteranno pochi minuti).
- Scolateli e conditeli con burro fuso profumato con qualche fogliolina di maggiorana e parmigiano grattugiato oppure con la salsa di noci, che è la morte loro!
- SALSA DI NOCI
- Esistono parecchie varianti della salsa di noci, con il pane bagnato nel latte, con la panna, con il burro...tutte piuttosto cremose.
- Ora, chi mi conosce sa che in cucina mi piace giocare con i colori, le diverse temperature e consistenze, per regalare una piacevole sorpresa a chi mangia, per non annoiare...quindi, visto che questi tortelli di per sè in bocca sono piuttosto morbidii, ho voluto accompagnarli con un pesto piuttosto che con una salsa, dove si potessero sentire sotto i denti i pezzettini di noci, pinoli e parmigiano.
- Vi riporto una ricetta antica
- Ingredienti
- gherigli di noci 20
- pinoli 1 cucchiaio
- aglio 1 spicchio
- olio d'oliva 4 cucchiai più quello necessario per diluire la salsa
- sale e pepe
“Prendete delle noci e dipellatele bene, fate abbrustolire dei pignoli e quindi pestateli insieme alle noci nel mortaio (vi concedo l’uso del frullatore). Soffriggete poscia in casseruola con olio l’aglio ben tritato, mettetevi le noci e i pignoli pestati e fate nuovamente soffriggere. Dopo scioglieteli con olio e poca acqua calda e conditene pansoti, troffie, gnocchi e tagliatelli.”
dalla Cuciniera Genovese di Giò Batta e del figlio Giovanni Ratto 1863